Intervista ad Alessandro Venuto

Con piacere, oggi accolgo nel mio blog Alessandro Venuto per intervistarlo, e colgo l’occasione per presentarvi rapidamente la sua ultima opera, “In direzione opposta”, un libro di Narrativa contemporanea, di cui troverete la quarta di copertina sotto la foto.

Stefano Re ha chiuso col passato. Questo pensa mentre va al lavoro presso il centro Dionisio, una comunità per tossicodipendenti dove opera come educatore. Ha una bellissima moglie, è padre, ha un lavoro che ama e che lo fa sentire utile… Tutto è dimenticato di quel passato marcio e devastante fatto di droga, di incontri clandestini di pugilato gestiti dalla malavita, belle donne e una città, Milano, ai piedi di Stephen Irish Rex, il nome col quale Stefano era diventato campione indiscusso. Ma il passato ha la brutta abitudine di tornare, soprattutto quando ci sono conti da saldare e debiti da onorare.

Ora, insieme, andiamo a conoscere Alessandro!

  • Quando hai iniziato a scrivere?

Ho scritto il mio primo romanzo alle elementari, una sorta di fantasy ispirato a Terry Brooks. Il suo ‘La spada di Shannara’ mi aveva incantato, leggerlo era per me come sognare a occhi aperti e scoprii che il sogno diventava più vivido se provavo, a mia volta, a scrivere qualcosa di simile. Mescolai per la prima volta alcuni aspetti della mia vita a elementi di fantasia creativa e ne nacque un lungo racconto, ricordo che la maestra ne lesse alcuni stralci in classe. La cosa mi imbarazzò e mi rese orgoglioso a un tempo, scelsi però di non assistere alla lettura e attesi fuori. Quando finì, tutti mi fecero i complimenti, una compagna mi chiese persino se avessi pensato di pubblicarlo e quanto sarebbe costato. ‘Cinquemila lire a copia’, risposi serio. Adesso so che quel modo di scrivere, mescolando autobiografico e fantasia, vita vera e finzione, mi avrebbe accompagnato nel tempo fino a oggi. Dal momento che quel mio primo tentativo andò letteralmente perduto, visto che la serie di taccuini sui quali avevo abbozzato la storia fu persa durante un trasloco tra una casa e l’altra, non scrissi più nulla fino a due anni fa quando il medico psichiatra della comunità dove lavoro come educatore, parlando di letteratura, mi disse che partecipava spesso ad alcuni concorsi di scrittura e non di rado veniva pubblicato. Mi scattò qualcosa dentro. Iniziai a scrivere quello che sarebbe diventato ‘In direzione opposta’, il mio primo romanzo pubblicato con Edizioni Montag. Nel frattempo, scrissi anche diversi racconti e alcune poesie che vennero tutte selezionate attraverso concorsi nazionali per entrare in numerose antologie. Mi sembrava incredibile. Quando ‘In direzione opposta’ fu finito e revisionato, lo inviai via mail per farlo partecipare al Concorso nazionale ‘Le Fenici 2019’ poi me ne dimenticai. Avevo ricevuto, nei mesi precedenti, diverse telefonate da sedicenti case editrici a pagamento che avevo rifiutato. In agosto, dopo essermi buttato da un trampolino di dieci metri in Austria, trovai una mail della Casa editrice Montag sul telefono. Il romanzo era stato selezionato per la pubblicazione. Il sogno stava per cominciare, sarei stato uno scrittore.

  • Quanto tempo dedichi alla scrittura?

Diverse ore a settimana tra scrittura e revisione del testo. Se i miei due figli sono a scuola e ho un giorno libero, posso sedere al pc per sei/sette ore di fila senza accorgermi del tempo che passa se non quando scopro che la tazza del caffè è vuota e va riempita per l’ennesima volta.

  • Quanto ha influito il contesto sociale in cui sei cresciuto su quello di cui scrivi?

Credo che, come autore, il mio punto di vista debba necessariamente essere quello della letteratura. In questa prospettiva, tutto ciò che vivo e ho vissuto entra a far parte, di diritto, di quello che scrivo. Inoltre amo la scrittura biografica e autobiografica anche se, come ho detto, la mescolo con elementi di finzione. Insomma, attingo a tutto ciò che vivo per farne storia. Vivo per raccontarla, come si dice. Devo molto come scrittore, oltre al mondo dal quale provengo, la Riviera Ligure di Levante, alla città di Milano: qui mi sono trasferito dieci anni fa, qui mi sono sposato e ho avuto due bambini bellissimi, Sophia e Thomas. La città, che ho girato in lungo e in largo, mi ha incantato con la sua Bellezza e non a caso è lo sfondo che ho scelto per entrambi i miei romanzi, In direzione opposta e La saggezza del lupo, che uscirà ad aprile. Per capire quanto possa incantare Milano basti pensare che Stendhal, l’uomo il cui nome è associato alla Sindrome della Bellezza, ha scritto sulla sua lapide, sotto il vero nome, Henry Beyle: MILANESE.

  • Quanto di te c’è in cui di cui scrivi?

Tutto. Passioni, luoghi, ricordi ed esperienze che ho vissuto e vivo, gli autori ai quali mi accompagno, le persone con le quali vivo o che incontro sono finite e finiscono in qualche modo nel mio modo di scrivere e nelle storie che ho scelto di raccontare. Karl Ove Knausgard dice in uno dei suoi libri che non gli bastava solo inventare ma voleva scrivere della vita vera. Voleva arrivare lì, lì, lì. Ho sentito forte questo passaggio come una chiamata. In qualche modo, la vita che vivo e quelle con le quali entro in contatto sono la base del mio scrivere. Non è un caso se nei miei due romanzi alcuni dei personaggi principali si chiamano come i miei figli e la protagonista femminile è sempre asiatica, come mia moglie. Amo immortalare nella mia Arte ciò che mi sembra bello e la vita è una fonte continua di ispirazione.

  • Come vivi l’inizio, quando il tuo libro nasce, e la fine?

Il foglio word che mi trovo davanti vuoto è sempre una sfida. Se poi ho in mente di iniziare un romanzo, è persino minaccioso. Quando però indosso le mie cuffie nere dove c’è un po’ di musica classica e, dopo aver bevuto una sorsata di caffè caldo e nero, poso le dita sulla tastiera, accade qualcosa e il testo si scrive da solo. Nel caso di un racconto o di una poesia, impiego circa due ore e immagino ciò accade mentre scrivo sula base di un canovaccio minimo che ho in testa, che nasce di solito dallo spunto datomi dal concorso al quale voglio partecipare. Nel caso di un romanzo, invece, arrivo al mio pc con in testa già la scena che voglio scrivere e mi limito a metterla su carta. Come scriveva Turgenev, i personaggi me l’hanno già raccontata per filo e per segno esattamente come vogliono che io la scriva. Procedo con ordine, come se stessi guardando un film, scena dopo scena, fino alla fine. Quando scrivo l’ultima parola, provo un senso di liberazione. Ho finito. Ho detto tutto quello che volevamo dire, io e loro. Adesso si tratta solo di dirlo nel modo migliore possibile perché, come scrisse Philip Roth: ‘Ancora adesso, la cosa che più mi piace è starmene da solo in una stanza con un foglio e una matita a capire meglio che posso come si scrivono le cose’. Capire meglio che posso come si scrivono le cose: qui inizia la fase di revisione. Se scrivere il romanzo mi occupa circa cinque mesi, la revisione può durare qualche settimana. A quel punto, ho finito davvero e lascio che sedimenti in me la prossima storia.

  • Quanto ami leggere? Genere e autore preferito? Quanto influiscono le tue letture sul tuo stile come autore?

Sono un lettore insaziabile. Fin da quando sono bambino, leggo da cinque a dieci libri alla volta perché leggerne solo uno mi sembra una perdita di tempo e il tempo per leggere è così prezioso! Credo che nella vita di uno scrittore leggere conti tanto quanto vivere e che queste due dimensioni, della lettura e della vita, non debbano mai togliersi spazio a vicenda. Si deve vivere, conoscere e viaggiare. Fare esperienze. E si deve leggere molto e bene. Questi due fattori concorrono a creare ispirazione e a educare il talento, oltre che a tenere viva la sacra fiamma della scrittura. Amo diversi generi di letteratura, dalla SF di Philip Dick ai grandi classici di Tolstoj, Dostoevskij, Mann, Proust passando per gli scrittori contemporanei come Philip Roth e Thomas Bernhard. Spesso mi innamoro di un autore e leggo tutto ciò che mi attira di lui ma il mio genere preferito è quello biografico e autobiografico. Amo sia le biografie storiche che romanzate. Il mio autore preferito in assoluto è il norvegese Karl Ove Knausgard, autore della monumentale autobiografia ‘La mia battaglia’ edita da Feltrinelli in sei volumi, definita dal The Guardian come ‘l’opera più significativa dei nostri tempi’. Devo a lui se, un giorno, mi sono messo davanti al computer per iniziare a scrivere una storia.

  • A chi hai fatto leggere per primo/a il tuo testo?

Se parliamo di In direzione opposta, inviai la bozza del romanzo, scritto per metà, a un caro amico di famiglia, l’autore da un milione di copie vendute nel mondo, tradotto in 26 paesi, Carlo Martigli. Ricordo ancora la sua risposta: ‘mi piace quello che hai scritto. Continua.’ Fu come una scossa elettrica. Se la prima parte del romanzo mi aveva tenuto occupato per circa tre mesi, finii il resto in tre settimane. Qualcuno aveva apprezzato quello che avevo scritto e non un qualcuno qualsiasi ma uno scrittore vero, conosciuto nel mondo. Finito il romanzo, venne valutato da un altro professionista con ottimi riscontri. Il problema fu proporlo all’editoria. La maggior parte delle risposte che ottenni alle mie mail fu da parte di editori a pagamento. Stavo per rinunciare e appendere il manoscritto al chiodo quando trovai l’annuncio del concorso per romanzi inediti ‘Le Fenici 2019’. Decisi di tentare. Un’ultima volta. Andò bene.

  • C’è qualcuno che vuoi ringraziare come sostegno della tua opera?

La mia famiglia, ovvero la persona della mia vita, Wendy, mia moglie, e i nostri meravigliosi bimbi Sophia Yinji e Thomas Jian. Non chiedo di meglio. Un ringraziamento anche a Edizioni Montag, che sostiene il mio sogno.

  • Progetti per il futuro?

Scrivere continuamente. Giorno dopo giorno. Raccontare storie. Il mio secondo romanzo, La saggezza del lupo, uscirà ad aprile. Oltre a tre progetti terminati pronti nel cassetto, ho una fervida immaginazione e molto talento. Non resta che vivere per raccontare.

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