Intervista autore: Alessandro Giannotta

Ho conosciuto Alessandro un anno fa, persona garbata e generosa verso gli autori emergenti, piena di iniziativa e buone idee. Anche il suo libro è un piccolo gioiello, vi consiglio di scaricare “Er-goth” e date un’occhiata. Ora andiamo a conoscerlo insieme!

  • Quando hai iniziato a scrivere?

È un po’ difficile rispondere a questa domanda. Potremmo dire che non ho mai iniziato veramente, oppure che l’ho sempre fatto, ma con modalità che non mi erano del tutto chiare. La verità è che ho sempre “scritto” storie nella mia testa, fin da prima di conoscere le lettere dell’alfabeto e le regole grammaticali. E queste si traducevano nella realtà in giochi costruiti con la carta o, più tardi, in storie a fumetti, disegnate e colorate rigorosamente a mano. Ci è voluto un sogno piuttosto vivido per convincermi che fosse arrivata l’ora di intraprendere la via della scrittura. Quella in senso stretto, se pure a modo mio. Così, all’età di circa vent’anni ho iniziato a scrivere per pura sfida con me stesso. Nel più totale silenzio e segreto per due lunghi anni, finché le seicento pagine del mio fantasy anomalo non hanno trovato la loro prima, immatura, conclusione. A quel punto ho pensato che fosse giunto il momento di dire: “ragazzi, sapete che ho scritto un libro?” Nel frattempo scrivere è divenuto per me un passatempo, un’abitudine, un bisogno. Una forma di meditazione. Ora, invece, scrivere è la mia salvezza, ma forse lo è sempre stato. Dovevo solo rendermene conto.

  • Quanto tempo dedichi alla scrittura?

Credo che il tempo dedicato alla scrittura per chiunque non arrivi a viverne, come me, sia sempre meno di quello sperato. Ultimamente, purtroppo, colto da impegni lavorativi improrogabili e impegnato nella promozione del libro già pubblicato, riesco a scrivere davvero di rado. Ma tornerò presto a dedicare alla scrittura il tempo che le spetta. Glielo devo, e me lo devo.

  • Quanto ha influito il contesto sociale in cui sei cresciuto su quello di cui scrivi?

Potremmo dire che il contesto sociale in cui sono cresciuto sia stato la mia musa ispiratrice. Questo perché nel piccolo paesino di appena tremila anime da cui provengo, e forse un po’ in tutto il Salento in realtà, avere una passione artistica è sempre stato un prerequisito imprescindibile per esprimersi, caratterizzarsi e distinguersi. Per questo, vivere e crescere accanto a vari artisti autodidatti, lontani da qualsivoglia impostazione accademica, mi ha permesso di concepire l’arte come l’espressione del sé e motivo di crescita. Da ciò è scaturita la scelta di iniziare a scrivere solo quando mi si è affacciata alla mente un’idea che mi è parsa originale e in qualche modo innovativa. Ci sarò riuscito?

  • Quanto di te c’è in cui di cui scrivi?

Tanto, ovviamente. L’autore è sempre in ciò che scrive anche se intesse trame e dipinge contesti che non gli appartengono. Per quanto mi riguarda, per ciò che concerne la mia concezione di scrittura, l’autore di un buon libro deve lasciare un messaggio al lettore, sia esso esplicitamente riferito oppure fatto trapelare tra le righe. E tale messaggio altro non è se non l’autore che si fa carta.

  • Come vivi l’inizio, quando il tuo libro nasce, e la fine?

Addirittura prima dell’inizio, molto prima, direi che un momento di fondamentale importanza da vivere sia il “concepimento” del libro, il momento in cui l’idea germoglia nella mente e comincia a mettere le prime, esili, radici. E solo se le radici attecchiscono, se il libro ha insieme un inizio e un finale a cui tendere, allora, forse, esso vedrà un inizio. A onor del vero, la nascita del libro, ossia il momento in cui inizio effettivamente a scriverlo, non è per me tanto emozionante quanto il suo concepimento e la sua fine. Piuttosto, è metterci il punto finale che mi ha fatto letteralmente esplodere in lacrime. Ed è puntualmente successo con entrambi i romanzi che ho portato a termine.

  • Quanto ami leggere? Genere e autore preferito? Quanto influiscono le tue letture sul tuo stile come autore?

Credo che l’amore per la lettura sia basilare per qualsiasi autore che si permette di definirsi tale. Per quanto mi concerne, sono un lettore praticamente onnivoro, al punto da non avere un genere o un autore preferito. Credo vada colto l’aspetto caratteristico, a volte geniale, di ogni opera che si abbia davanti. Ed è metabolizzando quell’aspetto che si procede nel proprio percorso come autore. Ovviamente, le mie letture influiscono molto sul mio stile. Anzi, faccio sempre in modo che la mia scrittura risuoni delle letture che sto effettuando in quel momento, che non scelgo certamente a caso. Lo stile personale, ad ogni modo, credo sia qualcosa che derivi non solo dalle letture effettuare ma anche dalla mole di informazioni che ogni giorno il nostro cervello capta, processa e rielabora. Lo stile è un’impronta genetica, può essere fortemente influenzato, ma di certo resta comunque unico per ognuno di noi.

  • A chi hai fatto leggere per primo/a il tuo testo?

A un mio caro amico. All’inizio vivevo nella totale vergogna di essermi permesso di scrivere qualcosa, e non mi sentivo assolutamente degno di definirmi scrittore. Pertanto, per il primo giudizio, scelsi una persona che sapevo sarebbe stata, pur nella sua oggettività, in grado di non ferirmi qualora il testo non gli fosse piaciuto per niente. Per fortuna andò tutto molto differentemente. Fu grazie al suo chilometrico messaggio di complimenti che la mia opera crebbe ancora. Dopo di lui essa ha passato il vaglio di altri quindici amici, un paio di familiari e di un professore di filosofia e psicologia. Ad oggi, pur nella sua incompletezza, conta finalmente una sua discreta nicchia di lettori. Si cresce passo, passo, no?

  • C’è qualcuno che vuoi ringraziare come sostegno della tua opera?

Beh, c’è sempre qualcuno da ringraziare. Partirei dai quindici amici succitati e ovviamente dal professore che, senza conoscermi nemmeno, ha deciso di leggere ben seicento pagine di romanzo. Poi, ovviamente un ringraziamento va alla mia famiglia, nei cui componenti vanto altri primissimi lettori. Non posso dimenticare però chiunque in quest’anno abbia messo mano sul mio libro e mi inciti ogni giorno a continuare a scrivere. Avevo cominciato a scrivere solo per me. Ora lo faccio anche per chiunque si sia appassionato alle mie storie.

  • Progetti per il futuro?

Tanti, forse troppi. Sono attualmente a lavoro su tre opere in contemporanea, ossia terminare la revisione del terzo tomo della trilogia in modo da pubblicarlo il prima possibile, revisionare un giallo esoterico ambientato proprio qui a Siena (anch’esso già concluso) e terminare di scrivere un romanzo breve meta-narrativo. Inoltre, la cartella mentale delle “idee” continua a espandersi e a riempirsi spesso di nuovi progetti. L’idea è quella di sperimentare sempre più nuovi generi e nuovi impianti narrativi. Chissà cosa ne verrà fuori. Qualcuno ha una macchina del tempo?

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