“Emozioni senza confini” di Sandra D’orazio

Oggi, per Scrittori Uniti, vi propongo un libro denso di realismo magico e autobiografico! Venite a scoprirlo!

Il libro

L’autrice

Sandra D’Orazio è un’ interprete, traduttrice, specialista di lingue straniere, nata a Zurigo (Svizzera), dove vive fino all’età di 13 anni. Si trasferisce poi in Italia, nella bellissima regione Abruzzo, prima a Montenerodomo, un piccolo ma caratteristico paese della provincia di Chieti e, successivamente, a Lanciano, una cittadina medievale molto pittoresca. La sua infanzia trascorsa in un ambiente cosmopolita, insieme a persone provenienti da vari Paesi del mondo, fa crescere in lei una forte passione per le lingue e le culture straniere, per la comunicazione in generale. Infatti, nel 2002 consegue con risultati eccellenti una Laurea in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università “G. D’Annunzio” di Pescara, che le dà la possibilità di collezionare diverse esperienze lavorative come madrelingua tedesca e come interprete e traduttrice delle lingue inglese e francese, oltre a numerose trasferte lavorative all’estero (la più rilevante, sicuramente, quella in India). Nel 2014 decide di trasferirsi in Inghilterra dove frequenta con successo un Master in Business, Culture e Lingue Europee presso la Oxford Brookes University. Esperienza molto significativa questa che segna una svolta nella sua vita, facendo esplodere in lei il desiderio di avere un legame costante con popoli e persone di culture e lingue diverse. Il suo forte bisogno di comunicare la porta a dedicarsi ad un’altra grande passione della sua vita: la recitazione. Di fatti, al suo rientro in Italia si iscrive subito ad un corso di teatro e recitazione cinematografica, prima a Lanciano, poi a L’Aquila e Roma, che le permettono di fare l’esperienza diretta sul set in un paio di occasioni, come coprotagonista prima di un film e poi di un cortometraggio, dove le viene data anche la possibilità di recitare in tedesco. La sua costante dedizione soprattutto alle lingue tedesca ed inglese la stimola a frequentare nel 2018 un Master in Interpretariato presso la S.S.I.T. di Pescara. I suoi numerosi viaggi per lavoro, per studio, per passione, per curiosità o, semplicemente, per il gusto di vedere come vive la gente in un altro luogo del pianeta, non fanno altro che incrementare la voglia di mettere le sue esperienze nero su bianco, in modo tale da poterle condividere con il maggior numero di persone possibili. La passione per la scrittura nasce in una fase significativa della sua vita, quando all’età di 13 anni è costretta, per la morte del padre, ad abbandonare la sua amata Zurigo e trasferirsi in Italia. All’epoca Sandra parlava prevalentemente tedesco e capiva meglio l’inglese dell’italiano, quindi, all’arrivo nel piccolo paese di montagna della provincia di Chieti, il primo “ostacolo” da risolvere: la lingua. Grazie alla pazienza della professoressa di italiano, che nota la sua grande volontà di imparare e che pertanto le dedica anche del tempo straordinario per cercare di portarla allo stesso livello della classe, Sandra si trova nel giro di pochi mesi a padroneggiare la lingua italiana esattamente come i suoi nuovi compagni di classe. Riesce a raggiungere questo risultato leggendo e soprattutto scrivendo molto; cosa che continua a fare anche con le altre lingue.

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Emozioni senza confini

Estratto

1. Il Globetrotter La prima cosa che viene in mente pensando al viaggio è lo spostamento da un luogo all’altro; migrare da un paese all’altro, evadere verso luoghi sconosciuti o partire magari anche senza avere una meta ben precisa. In realtà non tutti gli spostamenti sono dei viaggi, non tutti gli spostarsi sono dei viaggiare. Nel caso del viaggio vero e proprio si manifesta anche una sorta di apparecchiamento personale… di coinvolgimento emotivo. Volendo ricorrere ad un aspetto simbolico, il viaggio può essere definito un’esperienza di vita tout court, in quanto permette alla persona che lo affronta di dedicarsi a sé stessa, di andare alla ricerca del proprio io, di fare una specie di autoanalisi, entrando nella sfera emotiva ed attuando una ricerca interiore. Tramite il viaggio ogni essere umano ha la possibilità di cambiare, di assistere alla propria trasformazione sociale, o addirittura di diventare qualcun altro (di certo una persona migliore). Il viaggio è attesa, speranza, desiderio, è irrequietezza, ricerca e scoperta, coraggio e paura, mistero e fantasia, nostalgia e abbandono, ma è soprattutto un percorso interiore paragonabile a volte ad un sogno. Un viaggio può avere svariati scopi. Si può viaggiare per turismo o vacanza, per affari, ma un viaggio può essere anche avventura o esplorazione, può essere una missione, volontariato o addirittura migrazione. Esperienza questa spesso raccontata dai nostri nonni o genitori obbligati ad emigrare verso paesi più sviluppati, ma che rimanda anche alle nuove generazioni, costrette – soprattutto nel duemilasedici – a lasciare il proprio Paese (l’Italia), in cerca di un futuro migliore. Certo va fatta una distinzione tra l’emigrazione del passato, parliamo del periodo tra gli anni Trenta e Cinquanta, e quella odierna. I nostri nonni, ma anche i nostri genitori, erano costretti ad andare all’estero in cerca di fortuna, in quanto il Bel Paese non aveva nulla da offrire. La Prima e ancora di più la Seconda Guerra Mondiale avevano distrutto tutto, togliendo alle famiglie (allora) molto numerose anche i beni di prima necessità. Bisognava andare altrove, l’uomo doveva lavorare, in quanto l’unico membro della famiglia destinato a mandare avanti la baracca. Si trattava di un esodo di massa necessario, niente a che vedere con la scelta personale. Oggigiorno parliamo in particolare di una tendenza iniziata nel duemilaquattordici: i giovani non sono costretti ad abbandonare la propria famiglia, piuttosto non vedono futuro, non vedono opportunità per la propria realizzazione professionale. Vogliono provare a fare esperienza in un Paese straniero, per poi riportarla in patria. Un modo per ritrovare lo stimolo a mordere la vita! Ai giovani viene chiesta al contempo formazione ed esperienza. Un’utopia! Come può un ragazzo di vent’anni avere un titolo prestigioso oltre ad una significativa esperienza in campo lavorativo? Ma il problema del lavoro non riguarda solo le giovani generazioni, purtroppo. Esiste anche l’esodo dei cinquantenni. Persone con una ricca esperienza lavorativa, spesso con un alto profilo professionale, che si ritrovano fuori dalla porta a causa della crisi. Ma dove vado? Chi mi prende a quest’età? La situazione è ancora più difficile di quella dei giovani. L’unica salvezza è il viaggio. L’evasione. Le persone abituate a fare non possono aspettare un qualcosa che – con molta probabilità – non accadrà mai. L’emigrazione infatti può essere considerata una ripartenza, un rinnovamento e a volte anche una catarsi; aiuta a scrollarsi di dosso il peso dei problemi accumulati in un posto, trovando la forza di risolverli in un altro. In ogni caso, a prescindere dalle motivazioni che spingono ad affrontare un viaggio e dalle modalità con le quali lo si affronta, è necessario avere una solida predisposizione alla conoscenza. Senza questo requisito non si riesce né a cogliere né tantomeno a trarre il reale beneficio dall’arte del viaggiare: l’arricchimento personale. Il vero viaggiatore, la persona predisposta al viaggio è quella che si cala con tutte le sue forze in toto (o almeno ci prova) nella cultura del posto in esplorazione. Come viene definito – in maniera simpatica direi – nella lingua inglese, il Globetrotter parla con la gente del posto e cerca di scoprire e seguire le stesse sue usanze, cercando di entrare in empatia con le persone autoctone identificandosi con esse. Inoltre, se la scelta della meta non è forzata, il viaggiatore si orienterà di sicuro verso un luogo poco (o affatto) turistico, in modo tale da apprezzare appieno le caratteristiche del popolo locale. E qui non si può fare a meno di sottolineare la distinzione tra vacanziere e viaggiatore, che risiede proprio nella scelta della meta. Un posto turistico non permette di assaporare appieno la vera essenza di un luogo mai esplorato prima. Il turismo distoglie la mente dalle tradizioni, dagli usi e dai costumi di un popolo. Cos’altro spingerebbe IL viaggiatore a recarsi in un luogo ignoto? Le tipicità, le particolarità di un popolo, tutto ciò che lo differenzia da un altro: questo, quello che sollecita l’intelletto del viaggiatore, oltre alla componente magica della sorpresa. 2. Perché viaggiare? Cosa spinge un essere umano a viaggiare? Perché lo fa? Le motivazioni possono essere le più svariate. Molti di noi sono spinti dall’avventura, dalla novità, dalla necessità di ritrovare sé stessi e superare un periodo negativo della propria vita. A volte si è soltanto stimolati dalla passione e quindi dal bisogno interiore di arricchire il proprio bagaglio culturale. Si può decidere di viaggiare da soli o in compagnia, così come si può decidere in piena libertà di intraprendere un viaggio oppure essere obbligati a farlo per motivi di lavoro. Cerchiamo di fare chiarezza. Esiste una differenza sostanziale tra i cosiddetti “viaggiatori incalliti” e i “viaggiatori inconsapevoli”. La persona obbligata a viaggiare per lavoro spesso si rende conto della fortuna solo in un secondo momento oppure (cosa che trovo molto triste) addirittura non se ne rende neanche conto! A questo proposito possiamo definire il viaggiare degli uomini di affari come uno spostarsi inconsapevole e soprattutto involontario, tra i quali bisogna distinguere a sua volta due categorie di businessmen: quelli che si arricchiscono culturalmente, seppur in maniera inconsapevole, e quelli invece che, non avendo la necessaria predisposizione, non riescono a sfruttare l’opportunità di “guadagnare” su due fronti, a livello economico e, aspetto ancora più significativo, a livello culturale. Nel caso del viaggiatore consapevole, invece, accade il contrario; l’appassionato di viaggio, dell’arte di viaggiare si rende conto di quello che andrà a vivere, dell’esperienza che andrà a fare ancor prima di partire per un viaggio. Questo perché il viaggiatore, a differenza del vacanziere e dell’uomo di affari, inizia il suo viaggio a livello psicologico, facendosi trasportare dalla fantasia. Egli parte spinto sì dalla curiosità, ma anche da una certa dose di inquietudine a causa dell’ignoto al quale sa di andare incontro; sentimento però che spesso si tramuta nella positiva voglia di conoscere, nella stimolante sete di sapere. Questo spiega il motivo per il quale, mentre una persona in partenza per un viaggio di lavoro ha una mission e quindi un obiettivo ben definito, il viaggiatore vero e proprio parte senza sapere, o meglio parte ‘solo’ per soddisfare la propria curiosità. Ognuno di noi decide o accetta di recarsi in un altro Paese per motivi legati al proprio vissuto, al proprio presente, alle proprie passioni, allo stato d’animo del periodo, alle ambizioni che ognuno di noi ha, il tutto collegato al proprio tessuto sociale. Ma una cosa è certa: l’appassionato di viaggi è spinto a mettersi in cammino per andare alla ricerca di qualcosa che non ha, o che pensa di non avere. L’ansia (quella positiva intendiamoci!) che accompagna spesso il viaggio è proprio lo stimolo principale che accende la voglia di intraprendere un cammino, anche perché il viaggiatore ha bisogno di ritrovare sé stesso, in seguito magari ad un periodo funesto della propria vita o soltanto per ridare nuova linfa vitale alla propria esistenza. In questo contesto si inserisce la concezione del viaggio come vera e propria ricarica personale, come arricchimento interiore e di conseguenza come mero evento terapeutico. Il vero viaggiatore ricarica soprattutto la mente, ne esce rinvigorito, pronto a scrivere con grinta un nuovo capitolo della propria vita. Va da sé che tutto questo percorso interiore dipende sempre dalla persona che affronta un viaggio, dalla sua predisposizione e dalla destinazione del viaggio, come andremo a vedere nei prossimi capitoli dedicati a tre storie differenti, quella di Asia, quella di Cosma ed infine quella di Ginevra.

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