“L’Aquila e la Stella” di Luca O’Connor

Natale si avvicina. Una nuova parentesi letteraria si apre in quest’autunno denso di colori, profumi e scrittori di valore. Perché ho scelto Luca tra i vari autori a disposizione? Per la sua capacità di visualizzare ciò che racconta e immergere il lettore nella sua storia. In questa settimana lo scopriremo insieme. Intanto accettate io mio invito a scaricare l’estratto gratuito per scoprire il suo romanzo storico… e non solo. Non ve ne pentirete. L’Aquila e la Stella.

L’estratto

Agosto, 1938 Un’attesa infinita. Quelle ore sembravano non passare mai. Per Gabi era come se fossero trascorsi cento anni. Si guardò attorno più volte, ma in quel lungo corridoio non vedeva nessuno da parecchi minuti. Si affacciò alla finestra davanti a lui. Il cielo quella mattina era più bello del solito. La città, nel bel mezzo della pianura padana, si era appena svegliata in uno splendido mattino d’estate in cui il mese di Agosto stava lasciando il posto a Settembre scivolando così verso l’inizio dell’autunno. Questo per Gabi significava solo ricominciare la scuola. Se c’era una cosa che odiava al mondo era proprio studiare, forse anche lavorare. Ancora non lo sapeva con certezza. Sapeva, però, che non vedeva l’ora di lasciare per sempre quell’orribile istituto e di non vedere più i suoi professori. D’altronde era stato bocciato diverse volte e nella sua classe era uno dei più grandi e stava iniziando ad essere umiliante per lui. Adorava la città. Sorgeva sulla sponda sinistra del Ticino, uno dei fiumi più belli d’Italia che trae la sua sorgente dal monte San Gottardo. In particolare adorava le campagne, molto devote alla produzione di riso, cereali, vino e latticini. Ma il clima, nella pianura padana, certe volte era inclemente con l’inverno troppo freddo o l’estate troppoafosa. In autunno e in primavera invece la natura si rigenerava con colori e odori sempre diversi. In inverno, invece, arrivava anche la nebbia che saliva dal fiume e avvolgeva quelle stradine strette rendendole ancora più affascinanti. A volte Gabi la chiamava “la città murata” proprio perché circondata da antiche mura risalenti al cinquecento, possedeva forti aspetti medievali, in particolare grazie alle numerose torri e campanili che vi si innalzavano. Mentre osservava la sua città fuori da quella finestra, si chiedeva per quanto tempo ancora doveva aspettare. Da lontano iniziò a udire una voce. Un’infermiera lo stava chiamando. Indossava il classico camice bianco e aspettava il ragazzo in fondo al corridoio con un viso sorridente. «Vieni Gabi. Il tuo fratellino è appena nato.» disse con gioia. Gabi si allontanò dalla finestra e si diresse verso l’infermiera. Finalmente un nuovo membro della famiglia era arrivato. Si incamminò verso quel lungo corridoio d’ospedale ed entrò nella stanza. Gabi vide sua madre Adele sdraiata sul letto con il bambino appena venuto al mondo. Era stato lavato ed asciugato in poco tempo. Col passare dei minuti, la camera iniziò ad affollarsi. Tutti i parenti stavano dando il benvenuto a Josef Goldschmiedt. Adele iniziò a raccontare del suo parto. Era stato splendido: un travaglio veloce e con dolori sopportabili.

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