“Alexander. Le squadre della morte” di Ivan Rocca

di Antonella Di Moia

Il libro

Qualcosa si sta muovendo palazzo. Da troppi anni la capitale del regno del male è sopita in un sonno letargico. Govan, il Consigliere delle entità demoniaca conosciuta come il Cuore del Male, Signore di palazzo, ha radunato i futuri membri del diciannovesima Squadra della Morte, i Paladini del Regno.

in un mondo carico di odio e antichi rancori, il giovane Alexander si trova a ricoprire un ruolo che lo porterà alla Gloria o alla perdizione.

L’autore

Mi chiamo Ivan Rocca, nato nel 1983 ai piedi dei Colli Euganei. Ho vissuto a lungo a Maserà di Padova e ora risiedo a Nottingham, nel Regno Unito. La mia vita lavorativa comincia a diciassette anni, quando dopo numerose bocciature scolastiche sono stato assunto in una fabbrica come operaio. Ero deluso, scoraggiato dai miei ripetuti fallimenti. Lasciavo trascorrere le giornate una dietro l’altra, tutte uguali, tutte senza scopo alcuno. Non fraintendetemi, ho conosciuto persone che apprezzano il lavoro in fabbrica, che lo accettano e anzi ringraziano di averlo. Io semplicemente non mi sentivo parte integrante dell’ambiente, lo consideravo asfissiante e inconcludente.

Forse stavo buttando via la mia intera esistenza. Avevo ventun anni quando ho mosso i primi passi per cambiare la mia vita. Senza smettere di lavorare, ho concluso gli studi in una scuola serale, seguendo un corso di ragioneria. Ancora non ci si avvicinava all’ambito cui ero portato, ma almeno mi era stata data un’opportunità senza per questo perdere il biennio che avevo già conseguito. Una volta preso il diploma, mi sono trovato di fronte a un bivio, la scelta che avrebbe determinato la mia vita futura. Tenermi il lavoro da operaio, andare a vivere nella casa che avevo acquistato e trovarmi un giorno a inveire contro le tasse, il caro-benzina, i politici.

Oppure stravolgere tutto, abbandonare un impiego a tempo indeterminato, vendere le mie cose e andare a vivere in un altro Stato. Optai per la seconda scelta. Non sono mancate le obiezioni. Colleghi che conoscevo a malapena mi chiedevano se fossi pazzo, altra gente mi osservava come si guarda chi sta per fare una scelta sbagliata e un giorno sarebbe tornato indietro elemosinando qualcosa e facendo ammenda per i propri errori. Ovviamente ci sono stati anche gli incoraggiamenti, ripensandoci davvero pochi. Non sono una persona testarda, ma in quel frangente sono stato inamovibile. La scelta era ormai fatta, punto e basta.

Dopo qualche mese trascorso a Nottingham per imparare la lingua inglese, sono finito nella prima meta dell’italiano all’estero: Londra. Decine di migliaia di italiani, giovani e non, vivono nella metropoli che conta otto milioni di persone nella sua intera area urbana. L’italiano a Londra lavora nella ristorazione e così a ventisette anni mi sono ritrovato a lavorare come cameriere, partendo dal rango più basso di un mestiere che può essere molto nobile. Grazie alla mia tenacia e al savoir faire nelle relazioni con le persone, dopo cinque mesi ero responsabile di sala e dopo altri sei sono diventato manager del ristorante.

A volte ripenso agli anni spesi in fabbrica e poi in un anno e mezzo all’estero – BOOM! – ero manager di un ristorante italiano di successo nel centro di una delle capitali mondiali. Ma il futuro non aveva ancora finito di sorprendermi. Come si sa, l’uomo segue le occasioni e se le crea, quindi a un certo punto abbandonai la carica per seguire un altro sogno.

Da sempre leggo e scrivo, da racconti a canzoni, da favole moderne a saggi brevi. Più di una volta amici e parenti mi avevano consigliato di provare a scrivere un libro, quindi ho approfittato dei sei mesi trascorsi a Colchester per redigere il mio romanzo, una storia che avevo in mente da almeno dieci anni. Passo dopo passo ho spedito la sinossi a ventidue case editrici, ho rispedito il manoscritto a chi era interessato, ho avuto qualche scambio di mail e… il gioco è fatto, il mio primo romanzo è stato pubblicato nel maggio del 2014. Tre anni prima ero un operaio, dal momento della pubblicazione ho osato definirmi scrittore.

Alexander. Le squadre della morte

La recensione

Il libro parte morbido, lasciando scoprire poco per volta l’ambiente e il protagonista. Ho molto apprezzato le descrizioni ambientali e la backstory di alcuni personaggi, tipo l’ammiraglio Hobbs. Sono rimasta particolarmente affascinata anche da Altana, un’assassina scaltra che Ivan ha caratterizzato in modo originale.

Ivan dipinge i personaggi in un modo che ti permette di ambientarti nella storia come se fosse una nuova stanza di casa. Ho trovato questo suo espediente di stile interessante, perché così facendo ha scaricato l’ambientazione. Quest’ultima infatti risulta misurata e funzionale, ma senza rinunciare al vezzo. Mi spiego meglio. Leggendo del viaggio in nave per giungere ad assassinare Borha, ho avuto la sensazione che il suo stile si accostasse ad alcuni passaggi pirateschi di Salgari. (Poi, Ivan, me la togli questa curiosità!) E pur tuttavia lo scrittore non di è mai perso in dettagli più di quel che serviva per portare il suo lettore lì. Quindi stile si, ma calibrato. Niente fronzoli, niente abuso di linguaggio aulico.

L’autore inoltre ha un modo delicato e insinuante di caricare curiosità e suspence, e nonostante il fantasy degli “intrighi” abbia bisogno di un notevole “spazio di manovra”, che potrebbe rallentare troppo la narrazione, lui non cade in questa impasse. Difatti usa passaggi puliti ed essenziali, limita l’introspezione ai passaggi funzionali al procedere della storia, usa dettagli infinitesimali per fare salire di livello la lealtà tra Alexander e Altana e usa il medesimo procedimento per seminare dubbi su Izimar e Maelstrom.

Insomma, se acquistate questo libro, aspettatevi uno sfondo dipinto con tinte nette e un soggetto di ritratto cangiante e imprevedibile.

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