Intervista a Federica Baglivo

di Antonella Di Moia

Con grande piacere pubblico l’interessante intervista a Federica! Buona lettura!!

  • Quando hai iniziato a scrivere?

A 7 anni, l’Ispirazione bussò per la prima volta alla mia porta sotto le sembianze della maestra Imelda, che ci assegnò di scrivere una poesia sulla pace e sulla guerra. Lo feci, era un compito, piacque, venne pubblicata sul giornalino della scuola. Da allora non ho mai smesso, ho cambiato tecnica, temi no. Con i miei fratelli mi divertivo a giocare con i personaggi dei cartoni animati che ci piacevano, solo che io non avevo un ruolo stabilito, come loro, ma dovevo “reggere la storia”, ovvero far parlare spalle, nemici, negozianti, far succedere cose… man mano aggiungevo particolari, finché non arrivai a inventare vicende e volti tutti miei! Ho proseguito poi con i romanzi, mischiando la scrittura con la mia passione per la Storia e per la politica.

  • Quanto tempo dedichi alla scrittura?

Intendi il tempo che dedico materialmente a scrivere digitando lettere sulla tastiera o quello che nella mente dedico alle mie storie? Perché sono due cose completamente diverse! Scrivo soprattutto nei momenti di pausa dal lavoro, ma nella mia testa, qualunque cosa faccia, sto sempre pensando ai miei personaggi. Loro sono con me, mi accompagnano durante l’intero arco della giornata e basta un particolare per immergermi nelle loro vicende e dimenticare tutto il resto. Alcune scene e alcuni dialoghi li ho vissuti dentro di me talmente tante volte che non ho bisogno di appuntarli e quando arriva il momento di buttarli su un foglio li conosco già a memoria. Spiritualmente direi che non smetto mai di scrivere sul serio.

  • Quanto ha influito il contesto sociale in cui sei cresciuta su quello di cui scrivi?

Beh, tanto. A 16 anni mi sono trasferita a Torino, facevo il liceo classico, ero convinta che avrei studiato letteratura o lingue. Invece no, perché la mia professoressa di Storia e filosofia, il mio compagno di banco e l’allora banchiere centrale d’Europa ci misero la coda, facendomi appassionare alla politica. Non scriverei ciò che scrivo ora senza questi stimoli. In quel periodo mi recai a sentire il mio primo politico, non dico chi è, ma è famoso ancora oggi: la sua eloquenza e il suo carisma mi affascinarono tanto che decisi di scrivere di un personaggio simile a lui. Una parte di me nutre la segreta speranza che un giorno legga il mio romanzo e si riconosca. Gli spunti teologici arrivarono invece dal mio professore di religione, tutt’ora per me la sapienza personificata in qualsivoglia ramo dello scibile umano. Mi ricordo le letture, le discussioni, le ricerche, tutte queste esperienze vivono ancora oggi nei miei scritti.

  • Quanto di te c’è in cui di cui scrivi?

Domanda difficile. Di solito non amo molto parlare di vicende che mi toccano in prima persona, certo, nelle mie storie ci sono i miei valori, le mie passioni, le mie speranze, ma non ci sono io come persona contingente. Preferisco dare messaggi universali, parlare di vicende di ogni tempo e ogni luogo. Non mi piace raccontare di me stessa, preferisco che l’attenzione sia focalizzata sui personaggi, che siano loro al centro. Raramente vivono esperienze simili alle mie, come nel caso del rapporto di Ithaka con la politica. Credo di avere almeno un alter ego a storia, il quale tuttavia normalmente si distingue da me per sesso, nazionalità e cultura, come se fossimo simili solo nelle cose che contano. Gli argomenti invece sono sempre il mio tratto distintivo, non credo potrei scrivere mai nulla che non tratti di Storia, etica e politica, mi sembrerebbe inutile e mi sentirei come se stessi tradendo la mia missione.

  • Come vivi l’inizio, quando il tuo libro nasce, e la fine?

Beh, ecco, come ho già detto quando inizio a scrivere nel concreto solitamente la storia esiste già da mesi, quindi sono tranquilla, ho confidenza con i miei personaggi e mi viene naturale parlare di loro. Quelli di cui scrivo adesso oramai li conosco da sette anni, ci intendiamo bene, anche se a volte riescono ancora a sorprendermi. La fine invece è sempre un trauma, sono contenta ma mi sento anche vuota, come se non avessi nulla da fare, se mi avessero tolto uno scopo. E soprattutto, non voglio abbandonarli, non mi sento pronta a lasciarli andare, anche se so che è giusto che proseguano per la loro strada. Mi consolo con il pensiero delle revisioni, delle riletture in fase di pubblicazione, di poter parlare di loro con i miei lettori e ovviamente di scrivere una nuova loro avventura al più presto.

  • Quanto ami leggere? Genere e autore preferito? Quanto influiscono le tue letture sul tuo stile come autore?

Amo leggere, anche se ho meno tempo di farlo di quanto ne vorrei. Ai tempi della scuola ero un lettore velocissimo, ora sono una lumaca, mi soffermo su ogni frase per carpirne il significato autentico. Leggo, mi fermo, mi alzo, faccio un giro, rifletto, mi risiedo, leggo un paio di altre frasi e così da capo. Ho sempre letto classici, il loro stile mi ha influenzato e mi ha reso molto esigente nelle letture; adesso leggo più che altro mattoni storici che mi servono per immergermi nelle ambientazioni. Il mio autore preferito è sempre stato Goethe, perché le sue opere giovanili hanno risvegliato in me l’amore per il romanticismo e per tutta l’arte e mi hanno dato le più forti e pure emozioni che potessi provare, autentiche, senza limiti e sublimemente descritte. In realtà molti autori che ho conosciuto durante il mio percorso mi hanno lasciato qualcosa: Dante mi ha insegnato come si fa simbolismo, come si incastrano tutti i frammenti alla perfezione; Manzoni mi ha insegnato il trucco di riferirsi al passato per parlare ai contemporanei e, come me, seminava i suoi personaggi da tutte le parti per poi andarli a riprendere e riportarli sulla retta via; Leopardi mi ha fatto commuovere con i suoi versi; Dostoevskij mi ha portato a spasso nei pertugi più oscuri e magnificenti dell’animo umano. Tra i moderni ammiro soprattutto David Grossmann per lo stile crudo, delicato e profondo insieme, Klaus Kordon per la capacità di fondere le sue storie con la Storia e di insegnarti quest’ultima senza che tu nemmeno te ne accorga, e Markus Zusak per la vividezza delle sue immagini e delle sue descrizioni. Credo che ci sia un pezzettino di ognuno di loro in me.

  • A chi hai fatto leggere per primo/a il tuo testo?

La mia prima lettrice è sempre mia madre, da quando ero bambina: lei è maestra di scuola e non mi risparmia correzioni e critiche impietose. La prima copia di ogni mio libro è sempre riservata a lei. Ho poi alcune amiche scrittrici su cui mi confronto su personaggi, espedienti e patemi letterari.

  • C’è qualcuno che vuoi ringraziare come sostegno della tua opera?

Tutte le persone di cui ho parlato finora, che hanno fatto in modo che arrivassi fino a questo punto: genitori, fratelli, parenti, insegnanti, poi i politici e i personaggi storici che mi hanno fatto da esempio con i loro valori, quelli che hanno voluto condividere con me la loro esperienza e che mi hanno illuminato su argomenti specifici. Ringrazio inoltre il mio editore per aver creduto in me e i miei personaggi per avermi portato la loro storia. Un pensiero particolare va ad Agnese, Francesca, Valerio, Jacopo, Adriana, Heinrich e Julius, ognuno di loro sa il perché. Infine vorrei abbracciare e ringraziare ogni singolo lettore del mio libro: spero che abbiate potuto piangere, ridere, arrabbiarvi ed emozionarvi con loro. Se questo è successo, io sono arrivata e ho vinto.

  • Progetti per il futuro?

Continuare a parlare di Ithaka e dei suoi temi in Italia e in Germania, dato che finalmente è uscita anche la versione in tedesco. Per il momento ho alcuni romanzi storici sempre a sfondo politico in cantiere, a epoca e ambientazione ormai mi sono affezionata, ma tratteranno temi diversi, principalmente legati all’etica. Uno di questi è talmente di nicchia che non ha nemmeno una pagina di Wikipedia dedicata! Fino a qualche tempo fa avrei detto che questo sarebbe rimasto il mio unico campo di scrittura. Poi l’Ispirazione mi ha mandato in sogno (sì, letteralmente in sogno) un soft fantasy contemporaneo, sempre a sfondo politico, che non ho la minima idea di dove andrà a parare! Questo è il grado di autorità che ho io sulle mie storie.

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