Letizia Sebastiani e “La condanna di John Doyle”

Biografia

Letizia Sebastiani nasce nel 1983 a Roma, dove tutt’ora vive. Laureatasi in scienze pedagogiche e in psicologia forense è attualmente un’insegnante di scuola dell’infanzia. Mamma di due bambine, nel tempo libero frequenta un laboratorio di teatro e scrive. Ha pubblicato “Amor di morte” (2003) e “Novelle da incubo” (2009) per il Rovescio editore. Un romanzo fantasy “Ai confini di Pangonia” (2012) autopubblicato sulla piattaforma ilmiolibro.it, alcune poesie inserite in un’antologia: “poeti contemporanei” (2013) con Pagine editore, “La condanna di John Doyle” per Bookabook (2019), un racconto inserito nell’antologia “Miedo” per L’argolibro editore (2020)

Sinossi

Quando il mite e insignificante John aveva trovato quello strano simbolo rosso sulla parete della sua nuova casa, l’unica cosa che aveva pensato di fare era stata coprirlo con un’abbondante passata di vernice bianca, nonostante le perplessità di sua moglie Cynthia. Ora Doyle è in un carcere di massima sicurezza, accusato di aver ucciso la moglie: è stato trovato chino sul suo corpo con l’arma del delitto in mano. Nel diario che scrive in cella tenta di raccontare la verità sull’omicidio e su quel simbolo rosso apparso dal nulla che cela un pericoloso mistero. Nessuno crederebbe mai a una storia tanto assurda, ma John non ha nessuna intenzione di morire in prigione…

INCIPIT

8 AGOSTO 1988 Mi chiamo John Doyle, ho quarantadue anni, e da nove mesi, dodici giorni e otto ore sono chiuso nel carcere di massima sicurezza di Angola, in Louisiana, per l’omicidio di mia moglie. Sono stato praticamente colto in flagrante, con l’arma del delitto vicino ai miei piedi e gli occhi puntati nei suoi. Sono stato catturato, processato e imprigionato. Tutto sembrerebbe equo e giustissimo, se non fosse che sono innocente. Fra qualche mese il mio avvocato ricorrerà in appello, non vuole farmi testimoniare, ma mi ha consigliato di scrivere un diario in cui raccontare la mia storia, per farla conoscere a tutti ed eventualmente utilizzarla come indizio di fronte ai giurati. Mi ha detto che magari, scrivendo per filo e per segno i fatti come li ricordo, potrei aiutare la memoria a ricostruire gli ultimi attimi di vita di mia moglie, e se lo ritenesse opportuno, potremmo anche usare il diario in tribunale. Le prove a mia discolpa non esistono, però esiste la verità e io ormai non ho più niente da perdere. Di tempo per scrivere ne ho tanto, e probabilmente con un po’ di impegno troverò anche il modo e il coraggio di raccontare la mia innocenza… Perché avrei preferito morire io stesso piuttosto che uccidere mia moglie; perché se la giustizia ha una pecca, quella pecca sono io! Ma procediamo con ordine.

Link al libro

La condanna di John Doyle

Link alla campagna crowdfunding

“La fuga di John Doyle”

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