Intervista a Benedetto Scampone

  • Quando hai iniziato a scrivere?

Scrivo da sempre, se così si può dire. Ho iniziato più o meno nel periodo adolescenziale: ogni qualvolta mi accadeva qualcosa di significativo, aprivo il mio quaderno e raccontavo a me stesso l’accaduto. Lo facevo rigorosamente in rima. Adoravo comporre versi. A quei tempi iniziava ad andare di moda la musica rap nella quale le rime erano un imperativo. Così, anche io, ho iniziato a creare i miei componimenti.
Col crescere ho smesso di scrivere in rima, ma ho mantenuto il desiderio e l’esigenza di mettere nero su bianco le parti significative della mia vita.

  • Quanto tempo dedichi alla scrittura?

Sinceramente non ho uno standard; passo dal niente a delle full immersion che durano giorni. Dipende tutto dall’esigenza e dal desiderio che ho. Considera che quando scrissi l’archivio della coscienza passai circa due anni a scrivere e rileggere senza quasi mai fermarmi.

  • Quanto ha influito il contesto sociale in cui sei cresciuto su quello che scrivi?

Direi moltissimo. Credo che ogni scrittore faccia riferimento e attinga da ciò che conosce. Penso sia normale o almeno per me lo è. Parlando della mia prima opera posso dirti di averla appositamente ambientata a Roma; descrivere e parlare di quartieri e situazioni che conosco, ha reso più semplice la stesura. È altresì normale poi romanzare e, dunque, “inventare” alcune cose. Lo stesso dicasi per i personaggi: sia i nomi che le personalità hanno tutti origine da mie conoscenze. Ovviamente, anche in questo caso, talvolta li ho modificati, enfatizzati e romanzati, ma posso garantirti che ognuno di loro ha fatto parte, o fa parte, del mio background.

  • Quanto di te c’è in quello di cui scrivi?

Ti risponderei così: è stracolmo di me! All’inizio non me ne ero neanche reso conto. Scrivevo caratterizzando un personaggio per me inesistente ma, in realtà, parlavo di me, sempre di me. Me ne sono fermamente convinto quando ho finito la prima stesura. Ho visto proprio il cambiamento, non tanto nello stile, ma proprio della caratterizzazione dei personaggi.
Quando iniziai a scrivere l’archivio della coscienza non stavo attraversando un bel periodo e l’opera ne ha risentito. Scenari cupi, personaggi con passati discutibili e con la quasi infelicità ad accompagnarli ad ogni passo. Poi conobbi la mia attuale compagna e la mia vita cambiò radicalmente, in meglio ovviamente. La stessa sorte, più o meno, è toccata anche ai miei personaggi. Dico più o meno perché stavo comunque scrivendo un thriller e per quanto fossi felice nella mia realtà, dovevo comunque fare attenzione e mantenere una costante suspence. Cosa assai diversa è stata per il mio secondo libro, di tutt’altro genere. Lì ho potuto liberamente esprimere il mio stato d’animo.

  • Come vivi l’inizio, quando il tuo libro nasce e la fine?

La fase embrionale di un libro, per me, è la parte più eccitante. In quel momento i personaggi prendono vita e fanno tutti parte di una storia. Me l’immagino come fossero reali, li vedo come se fossero in carne ed ossa. Ce li ho davanti, magari uno seduto accanto a me, un altro appoggiato allo stipite di una porta in modo scomposto e stabilisco che quello sarà il suo vezzo, per esempio. Poi, andando avanti nella storia, mi rendo conto di quanto sia stato utile attribuirgli quel modo di dire piuttosto che di fare. Arrivo al punto che non so se sono io a scrivere la storia o loro stessi a farlo. È come se a un certo punto tutto collimasse alla perfezione, tipo gli ingranaggi di un orologio. Tutto, senza volerlo (o almeno credo), si interseca alla perfezione: ciò che è scritto all’inizio si è rivelato fondamentale per la fine; il puzzle è composto.
Per quanto riguarda la fine devo ammettere che la vivo sempre con difficoltà ed emotività. Si tratta di dire addio a persone (perché per me questo sono) che hanno fatto parte della mia vita per un periodo significativo. Non è facile. Devo dire però che dopo l’uscita del libro il sentire parlare di loro dai lettori ha ricompensato pienamente il distacco.

  • Quanto ami leggere? Genere e autore preferito? Quanto influiscono le tue letture sul tuo stile come autore?

Premetto che sono una persona con una curiosità molto spiccata . Ho una sete di sapere e di conoscere estrema. Per soddisfarla devo leggere, non posso fare altrimenti. Infatti, leggo ogni cosa, dai cartelli per strada affissi sui pali, a veri e propri tomi enciclopedici. Non ho un autore preferito. Amo i thriller e ne ho letti tantissimi, di diversi autori. Purtroppo spesso mi capita di leggere un’opera di uno scrittore e di trovarla meravigliosa, poi però prendo un altro libro del medesimo autore e non regge il confronto. L’unico di cui ho amato quasi tutto è Giorgio Faletti. Quindi se dovessi identificare un “mentore”, passami il termine, indicherei lui.
Sinceramente non saprei rispondere alla tua ultima domanda. Non credo spetti a me dirlo. Mi piacerebbe invece fossi tu a dirmi il mio stile chi ti ricorda.

  • A chi hai fatto leggere per prima la il tuo testo?

La mia passione per i thriller credo di averla ereditata da mia zia. Lei è un’appassionata e tanti autori me li ha suggeriti proprio lei. Quindi, come è giusto che sia, il primo giudizio è il suo. Tra di noi c’è una specie di accordo fittizio: non appena arrivo a pagina 100, stampo e le porto il brogliaccio. Lei lo legge e mi dà il suo benestare. Di lì in poi non legge più nulla fino alla fine.

  • C’è qualcuno che vuoi ringraziare come sostegno della tua opera?

Ringrazio la mia compagna che senza la quale non avrei mai portato a termine il mio sogno. Non per niente l’archivio della coscienza è dedicato proprio a lei.

Per me è stata fondamentale in ogni singola parola scritta, è stata la mia Nola, tanto per citare un Best Seller: le toccava leggere i miei scritti a qualsiasi ora, aiutarmi a correggerli e sopportare tutti i miei infiniti discorsi a voce alta. Lei è la fonte da cui attingo, l’isola in cui mi rifugio, il mondo nel quale amo vivere.

  • Progetti per il futuro?

Scrivere, scrivere e scrivere. Sto ultimando la mia terza opera mentre aspetto il responso da parte dell’agenzia letteraria del mio secondo libro. Una volta finito l’ultimo progetto inizierò un nuovo romanzo che sarà il sequel de L’archivio della coscienza. In molti me lo hanno chiesto e io non vedo l’ora di farlo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *