Intervista a Tiziana Lilò

Buonasera ragazzi, è con grande piacere che vi presento l’intervista a Tiziana, una scrittrice emergente gentilissima di cui domani potrete leggere la mia recensione. Buona lettura!

  • Quando hai iniziato a scrivere?

Ho sempre desiderato scrivere un libro… una di quelle cose da spuntare nella vita. Ma ammetto che il 5 preso allo scritto dell’esame di maturità mi aveva scoraggiata parecchio. Pertanto mi “limitavo” allo scrivere poesie. Poi la svolta nel 2008, ossia quando io e il mio compagno ci siamo trasferiti in Inghilterra. È accaduto per caso dato che alla partenza non avevo intenzione di scrivere un libro, ma giorno dopo giorno, affrontando le varie difficoltà burocratiche oltre alle “peripezie” alla ricerca della casa e del lavoro, ho come sentito il bisogno di “aiutare” coloro che in futuro avessero voluto intraprendere un’esperienza di emigrazione simile alla nostra. Così ho iniziato a scrivere questo “diario di viaggio” che racconta quanto è accaduto a me e al mio compagno durante quei 220 giorni trascorsi su suolo inglese. Ma non vuole essere solo una “guida” poiché lo scopo principale che è emerso durante la stesura è quello di far sorridere anche per sdrammatizzare, considerate le situazioni talvolta paradossali nelle quali siamo incappati. Si tratta di una lettura leggera, divertente, ma soprattutto reale, nella quale due giovani emigrati vengono raccontati per quello che sono, nei loro momenti di #vitavera, senza filtri. Per questo credo che molti coetanei potrebbero ritrovarsi.

  • Quanto tempo dedichi alla scrittura?

Dall’anno scorso, ossia quando Diario di un cervello in fuga nel XXI secolo è uscito, sono stata molto impegnata nella promozione… poi ho scoperto di essere incinta pertanto ultimamente ammetto di non dedicare troppo tempo alla scrittura. Mi “limito” allo scrivere poesie, pensieri fugaci che mi circolano nella mente e che necessitano di prendere forma su carta. Chissà, un domani potrei raccoglierli tutti. Ah! e non dimentichiamoci il Diario della gravidanza che sto scrivendo da qualche settimana a questa parte…

  • Quanto ha influito il contesto sociale in cui sei cresciuta su quello di cui scrivi?

Essendo il mio libro scritto specificatamente nel periodo che ho vissuto da emigrata, in quel caso specifico sicuramente il contesto ha giocato un ruolo molto importante. Solitamente scrivo “a periodi” nel senso che dipende molto dai miei stati d’animo, dalle sensazioni e dai momenti di vita che sto attraversando. Reputo fondamentale che gli scritti raccontino di me e delle mie emozioni, dei miei umori e di quello che sto attraversando. Devo anche ammettere che il contesto sociale nel quale sono cresciuta ha sicuramente influito, nel senso: sin da piccola i miei genitori mi hanno fatto viaggiare, scoprire luoghi e nuove culture. E questa passione per i viaggi me la sono sempre portata dietro, riuscendo a trasformarla in realtà quando ho deciso di mollare tutto e partire per l’Inghilterra, proprio per “calarmi” appieno in un’altra cultura. Sarò sempre grata a loro per avermi permesso di aprire la mente in questo senso.

  • Quanto di te c’è in cui di cui scrivi?

Premetto che non mi considero una scrittrice, bensì un’aspirante scrittrice. Prendo molto spunto da quello che leggo, e se trovo uno stile che mi rappresenta cerco di coglierne le sfumature per poi trasmetterle nei miei scritti. Sono molto stimolata da tutto ciò che mi circonda, in particolare dai miei viaggi. Nonostante ciò, dentro di me ho fiumi di parole che talvolta fanno fatica a prendere forma. Ma in quei momenti in cui sono sola, senza impegni e in assoluto silenzio, eccole uscire prepotentemente dando così sfogo alla mia creatività. E lì, potrei andare avanti per ore. Inoltre sono un’appassionata di storie autobiografiche quindi dentro i miei scritti c’è l’essenza della sottoscritta!

  • Come vivi l’inizio, quando il tuo libro nasce, e la fine?

L’inizio è un turbinio di emozioni contrastanti: da una parte c’è la voglia di creare, rendere tangibile a tutti quell’idea persistente nella testa che quasi toglie il respiro perché vuole/deve uscire. Dall’altro la paura di sbagliare, di non essere all’altezza delle aspettative del lettore. Infatti, quello che ho imparato scrivendo il mio primo libro è che una volta che hai posto la parola “fine” in fondo al libro, ecco che lì inizia dell’altro lavoro. Perché non ti accontenti mai di quello che hai scritto (perlomeno, questo è quello che capita a me). Così revisioni e rileggi e correggi il tutto, per poi revisionarlo e rileggerlo e correggerlo di nuovo. Ed ogni volta trovo qualche frase che avrei potuto scrivere diversamente. Finché non mi impongo di smetterla. Ma devo ammettere che, una volta superata questa fase iniziale e il tutto prende forma, fino ad arrivare alla fine, la soddisfazione è immensa, anche se non è finita perché poi bisogna pubblicarlo, ma quella è un’altra storia…

  • Quanto ami leggere? Genere e autore preferito? Quanto influiscono le tue letture sul tuo stile come autore?

La risposta potrà sembrare banale ma adoro leggere! Forse anche più di scrivere. Perché è quel momento solo per me, dove posso finalmente staccare la spina nei confronti del mondo esterno ed immergermi in un mondo parallelo ricco di storie fantastiche. Quindi per la mia anima è fondamentale ritagliarmi questi spazi poiché mi rigenerano. Il mio genere preferito è la commedia rosa e il chick-lit. Mentre la mia autrice preferita, per me sempre fonte di ispirazione, è la Madeleine Wickham, meglio conosciuta con il suo pseudonimo Sophie Kinsella (autrice di tutti i romanzi della serie “I Love Shopping”). Devo ringraziare lei se il mio libro ha quell’impronta umoristica. Ciò è dovuto al fatto che in alcune situazioni della mia vita mi sento (perché mi comporto, senza rendermene conto) proprio come la sua Becky, pertanto la correlazione era inevitabile. Sicuramente cerco di riprodurre quel suo stile di scrittura.

  • A chi hai fatto leggere per primo/a il tuo testo?

In prima battuta il mio testo l’ho fatto leggere a una conoscente divoratrice di libri, in maniera da avere un consulto “professionale”. Reputo indispensabile un confronto imparziale, senza legami. Solo così si possono ottenere delle critiche costruttive (sempre ben accette, oltre che necessarie). Ora che il libro è stato pubblicato apprezzo maggiormente le recensioni dagli sconosciuti perché si sa, loro non hanno peli sulla lingua!

  • C’è qualcuno che vuoi ringraziare come sostegno della tua opera?

Come dicevo prima, sicuramente i miei genitori per avermi donato quest’anima viaggiatrice che ha permesso di compiere questo viaggio dal quale è nata la mia opera. Poi Damiano, il mio compagno, che mi ha seguita in Inghilterra nonché co-protagonista del libro e infine (ma per questo non meno importante) la PubME srl (ossia il mio editore) e Monica la direttrice della collana I Read It nella quale è stato inserito Diario di un cervello in fuga nel XXI secolo. Difatti il libro, prima di essere pubblicato, è rimasto nel cassetto per oltre dieci anni dato che non trovavo una casa editrice che non mi chiedesse un compenso in denaro. Poi, in pieno lockdown, sono venuta a conoscenza di questo editore, il quale ha ritenuto il manoscritto meritevole di pubblicazione e, insieme, abbiamo optato per modificare il titolo che avevo pensato originariamente, nonché realizzato la copertina.

  • Progetti per il futuro?

Forse un libro sulla mia prima esperienza di gravidanza (tra l’altro, inaspettata), quindi (di nuovo) un libro rigorosamente autobiografico! Grazie mille per questa opportunità!

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