Intervista all’autore: Ferdinando Salamino

A breve vedrete sul mio blog la terza recensione a questo autore. Penso che il motivo sia più che scontato: adoro il suo modo di scrivere. Vi dò appuntamento a domenica, quando uscirà la recensione per il suo ultimo capolavoro: “Blues per i nati senza un cuore“.

  • Quando hai iniziato a scrivere?

Da bambino. Ho sempre avuto il pallino di leggere e, una volta finitit tutti i libri che avevo in casa, cominciare a scriverne di miei fu lo sviluppo naturale. Quando poi, per il mio nono compleanno, il mio vicino di casa mi regalò una macchina da scrivere Olivetti nuova fiammante, fu amore a prima vista. Credo che a mia madre sia venuto un esaurimento nervoso, a furia di sentirmi battere sui tasti.

  • Quanto tempo dedichi alla scrittura?

Quello che posso. Non vivo di quello e ho un lavoro che esige molte ore e molta concentrazione. Nei periodi scarichi, anche tre ore al giorno. In vacanza, quando non ho una sveglia al mattino, posso scrivere tutta la notte. Nei periodi densi, mezz’ora qui e quindici minuti lì.

  • Quanto ha influito il contesto sociale in cui sei cresciuto su quello di cui scrivi?

Molto, perché io sono un nomade di contesti. I miei genitori hanno vissuto da emigrati dal sud Italia in una Milano di piombo, spaccandosi la schiena e mangiando cipolle perché io potessi andare all’università e prendere la mia lode in psicologia. Ho avuto fidanzate ricche, amici senza un tetto.Ho giocato a calcio con piccoli spacciatori, fatto a botte con i bulli del quartiere, ho girato l’Italia con la mia band, da Madonna di Campiglio alla Sardegna. Ho scritto saggi di psicologia e sono salito sul ring con gente che aveva la terza elementare e le mani come martelli.La mia vita è un delta che si è sempre frammentato in molti rivoli, grandi e piccoli, e li faccio convergere nelle storie che racconto.

  • Quanto di te c’è in cui di cui scrivi?

Ti faccio una piccola confessione: quando uscì “Il Kamikaze di Cellophane” non ne regalai una copia a mia madre, perché temevo che ci vedesse riflessi di cose che avevamo vissuto. Beh, se la comprò da sola e passò le prime settimane a telefonarmi, turbata dal fatto che potesse essere un romanzo autobiografico. “Non tanto per me, quanto per tuo padre”, diceva.Ci sono molti elementi della mia vita, nelle storie che scrivo, sparsi qua e là, nascosti tra le pagine. Una porta che chiude male, un compagno di classe con uno strano senso dell’umorismo, gli amori impossibili, quelli tossici… Però c’è anche tanta invenzione, tanta fantasia. Io ho bisogno della fantasia, e credo che ne abbiano bisogno anche i lettori.

  • Come vivi l’inizio, quando il tuo libro nasce, e la fine?

L’inizio di una storia è elettrizzante, un brivido galvanico. È una molecola di possibilità ancora inesplose, può andare ovunque e tu con lei. La fine è sollievo, ma anche malinconia, solitudine. Io poi faccio fatica a staccarmi dai personaggi che amo, quel mascalzone di Michele doveva scomparire alla fine del primo libro e invece vi saluta tronfio e fiero dall’alto della sua trilogia.

  • Quanto ami leggere? Genere e autore preferito? Quanto influiscono le tue letture sul tuo stile come autore?

Amo tantissimo leggere. Autore preferito? Credo di avere momenti preferiti di tanti autori. Il Dostoevskj di “Delitto e castigo”, Palanhiuk quando era davver Palanhiuk (“Soffocare”, soprattutto), il King de “L’Ombra dello Scorpione” e di “Misery”, il genio di Agatha Christie, i deliri lucidi di Poe (quello dei racconti, nel romanzo secondo me si perde), Kafka, Sartre, Fitzgerald, Margaret Atwood, Cotzee, Tim Parks… Potrei andare avanti all’infinito.Tutti mi hanno dato qualcosa, ma non so se sono riuscito a prenderla.

  • A chi hai fatto leggere per primo/a il tuo testo?

A mia moglie. Nessuno sa essere spietato quanto lei.

  • C’è qualcuno che vuoi ringraziare come sostegno della tua opera?

Da dove comincio? Ci sono persone che hanno creduto nella mia scrittura più di me, quando ero roso dai dubbi. Che mi hanno davvero sostenuto durante una prima esperienza editoriale non felice e che mi aveva insinuato dubbi sulle mie qualità. Dico un nome solo, che ne racchiude molti. Claudia Speggiorin rappresenta la fiducia che io non riuscivo ad avere.Poi ci sono persone che hanno avuto ruoli decisivi nell’aiutarmi con le mie storie. I nomi li trovate nei romanzi.

  • Progetti per il futuro?

Nuovi progetti ce ne sono diversi, vediamo quanti vedranno effettivamente la luce nei prossimi due anni.Di certo c’è la novella “Gancio largo”, a tutti gli effetti uno spin-off del Michelino Universe, in uscita prossimamente con Saga Edizioni. La storia si concentra su un personaggio molto amato dai lettori del “kamikaze”, ovvero Frankie, l’allenatore e amico di Michele. Il buon vecchio ex pugile sfregiato si ritroverà coinvolto in una storia di incontri clandestini, gang sudamericane e gravidanze indesiderate. A far saltare il banco, il suo buon cuore e l’astuzia da vecchio guerriero.In lavorazione un quarto romanzo noir, di cui vi svelo poco, ma posso anticiparvi che avrà come protagonista un criminologo anaffettivo, dai modi freddi e scostanti, alle prese con una vicenda dolorosa e personale. Si scioglierà il ghiaccio che ha nelle vene? In fase molto embrionale, un thriller distopico sulla sicurezza stradale e una storia a quattro mani con il grande giornalista e autore Enrico Fovanna. Chi vivrà…

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