“Apat” di Maria Sogaro

di Antonella Di Moia

Buongiorno!! Dopo le ferie rieccoci con un’altra proposta di lettura con “Scrittori Uniti Italia” ❤️

Il Libro

“APAT” di Maria Sogaro

Una nebbia bianca e fitta ha avvolto il mondo. Senza motivo apparente, senza spiegazione plausibile, senza effetti biologici diretti. Dopo aver perduto la capacità di vedere e orientarsi all’aria aperta la società è costretta a dividersi in categorie e adattarsi alla nuova situazione.

Ogni cittadino ha davanti a sé una scelta: adeguarsi alla maggioranza e credere all’autorità o ribellarsi e sperare che esista un’altra verità. Alba è una spia della fazione ribelle, i Candidi. Anche a causa del suo passato doloroso crede che la verità abbia un valore assoluto e per questo inizia a indagare. Scoprirà che non tutto è bianco o nero, il bene e il male dipendono dai punti di vista e la verità talvolta è una lama a doppio taglio.

L’Autrice

Nata a Vicenza nel 1984, si laurea all’Università degli Studi di Padova nel 2009 in Medicina e Chirurgia. Nel 2020 pubblica Il Fiume Discolo (L’Orto della Cultura). Un suo racconto viene selezionato al concorso “Tomolo Experience” e pubblicato nell’antologia Racconti in Famiglia (Tomolo, 2021). Sempre nel 2021 escono Una fantasia spaziale (Temperino Rosso Edizioni) e Apat, romanzo breve di fantascienza per adulti (Scatole Parlanti, 2021). Vince il terzo premio al concorso nazionale di letteratura per l’infanzia Marostica Città di Fiabe nella categoria “Fiabe, favole e racconti fantastici” con Egg e Marco (2021). Nel 2022 esce il suo ultimo libro, Il linguaggio universale (L’Orto della Cultura). Ha due figli, lettori precoci e critici inflessibili. 

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L’Estratto

Il risveglio

Come ogni mattina, la routine del risveglio finì e lei si ritrovò lavata, vestita e rifocillata con la mano appoggiata alla maniglia della porta a chiusura stagna. Come sempre, rimaneva in quella posizione un paio di minuti, immobile, pensosa, bloccata in un rito di attesa e speranza.

Respirò a fondo e, con un gesto ormai automatico, prese gli occhiali appoggiati sul mobiletto d’ingresso, infilandoli a protezione di occhi e sopracciglia. Poi aprì la porta stando attenta a minimizzare il tempo di apertura e si ritrovò all’aperto. Cercò subito di abituarsi alla visione a infrarossi.

Un mondo verdastro le si materializzò davanti, un mondo percepito secondo la temperatura di ogni oggetto, e la speranza anche quel giorno svanì. La visione a infrarossi rilevava le radiazioni liberate da tutto ciò che aveva una temperatura diversa da quella ambientale, senza bisogno di luce, poiché di luce, ormai, non vi era più traccia.

Tutto il mondo da alcuni anni era infatti avvolto da una diffusa nebbia albina, di un bianco freddo e asettico molto diverso dalla luce solare chiara e calda che ricordava. Gli abitanti dei ghiacciai del Nord avevano circa un centinaio di parole diverse per indicare il colore bianco con diverse accezioni: la parola che avevano scelto per riferirsi a questa nebbia ignota era “Apat”, equivalente più o meno di “bianco e freddo come la morte sconosciuta”.

Era apparsa un giorno, senza motivo, dai vasti campi di grano come una normale nebbia di pianura; aveva avvolto, invece, in poche ore ogni superficie del mondo. Gli Eruditi erano riusciti in poco tempo a costruire dei pannelli fotovoltaici sopraelevati per continuare a ottenere l’energia necessaria per il sostentamento della vita. La luce in superficie, tuttavia, non era mai più tornata.

La nebbia non era fredda, e non aveva densità. Lei camminava senza incontrare ostacoli, a ritmo sostenuto. Doveva arrivare il prima possibile alla base operativa. Meno si tratteneva in strada, meno persone incrociava, meglio era. Gli altri non indossavano occhiali a infrarossi. Inoltre, la quasi totalità delle persone si chiudeva in casa per la maggior parte del tempo, spaventata dai possibili effetti della nebbia, che però non sembrava causare alcun problema respiratorio o di altro tipo a chi la inalava. Semplicemente impediva a chiunque di vedere al di là del proprio naso.

I Curatori, insieme agli Eruditi, avevano presto messo a punto una soluzione e l’avevano commercializzata in pochi mesi. Si trattava di un collirio, Imago, che magicamente “liberava” la vista dalla nebbia, permettendo di vedere a circa cinque-dieci metri di distanza. Le pubblicità nei videogiornali millantavano un prossimo miglioramento di visibilità anche a una trentina di metri.

Come era prevedibile, queste gocce speciali avevano un costo ed era una strana coincidenza che la loro potenza migliorasse poco alla volta, con continui aumenti di prezzo. Era una coincidenza ancora più strana, pensava Alba, che fossero state scoperte dopo così poco dall’avvento della nebbia e immesse sul mercato in tempi insolitamente brevi.

Non era l’unica ad aver sollevato dubbi e mantenuto una mente lucida nonostante la vista offuscata: un gruppo di ribelli si era formato e riunito in men che non si dica, un gruppo di persone che rifiutavano di usare Imago. Si erano dotati molto presto di occhiali a infrarossi e si spostavano così, rinunciando ai colori e ai dettagli che poteva fornire la vista normale in nome della possibilità di comprendere più a fondo, in nome del sapere e della verità. Si facevano chiamare Candidi. 

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