“La grande città senza nome” di Michele Rizzo

Per “Scrittori Uniti Italia” vi presento la recensione per Michele Rizzo! Buona lettura!!

Il Libro

Nei grattacieli della Grande Città Senza Nome, la vita scorreva ovattata e viziata dalla tecnologia. Gli uomini avevano dimenticato il sole e le stagioni, il vento e il profumo dei fiori. Vivevano rinchiusi in torri di cemento e acciaio dove tutto era a portata di mano e non cercavano altro.Questa è la storia di come quattro bambini curiosi e coraggiosi si imbattono per caso in un magnifico giardino nascosto e cominciano un’avventura straordinaria. Il racconto di un viaggio mirabolante, pieno di incontri meravigliosi e creature fantastiche che trasformerà per sempre la vita dei nostri protagonisti e degli abitanti della Grande Città.

La Recensione

Quella che, a una prima lettura, sembrerebbe la descrizione di una vita futuristica e futuribile all’interno di un mondo artificiale e claustrofobico, si rivela essere un appello a un ritorno alla natura prima che sia troppo tardi. Compito non facile ma che un gruppetto di “Monelli terribili” si assegna quasi inconsapevolmente per poi partire in questa avventura verso il mondo ignoto, fuori dalle mega torri di cemento e acciaio che popolano la città senza nome del titolo.

È una storia semplice ma per questo non banale, fantastica eppure non troppo lontana dalla realtà: narrando di questi palazzi enormi apprendiamo che la gente, come tanti alveari, se ne sta rinchiusa per evitare il contatto col mondo esterno. Per quale motivo? La guerra? Un virus? No. La risposta è invece raggelante nella sua semplicità: l’inedia. L’autore, mettendo in scena questa storia che si colloca a metà tra la fiaba a lieto fine e la favola per adulti con un forte messaggio ambientalista, descrive con acume e fantasia, dal punto di vista di alcuni bambini, come potrà diventare il mondo se l’uomo non ci mette una pezza e decide di fare marcia indietro.

Una storia che non è poi così scontata, giocata sul registro di una tensione che è comunque palpabile e che non porta certo il lettore ad annoiarsi mentre sfoglia le pagine nel seguire le scorribande dei cinque bambini protagonisti. Durante la loro fuga casuale dal grattacielo in cui vivono, l’autore ci descrive i loro incontri con personaggi strani e affascinanti, buoni ma anche perfidi e animati da intenti non proprio pacifici, nei loro confronti e in quelli del mondo. Si avverte una suspense in molte scene, soprattutto quando i bambini sono in trappola e sembra che per loro non ci sia più alcuna via d’uscita; invece, puntualmente, giunge inaspettata la salvezza come nella migliore tradizione delle storie a lieto fine.

Il tutto viene reso sulla pagina attraverso uno stile disteso, da classico racconto della buonanotte, dove ci si aspetta sempre che i protagonisti riescano a cavarsela e non deva mai succedere loro niente di brutto. Visto il genere, non ci si può attendere chissà quale approfondimento psicologico dei personaggi da parte dell’autore, senza che questo aspetto peraltro intacchi lo sviluppo della trama o riduca quel sottile piacere che si avverte durante la lettura. Una trama che si presenta, tutto sommato, avvincente e anche sorprendente: perché, da una premessa di un certo tipo giunge a un esito che sicuramente spiazza il lettore.

Il messaggio finale, insito in questa storia, è allora duplice: da una parte è un inno a non dimenticare questo pianeta che ci accoglie e dall’altro ci avverte di come il futuro della nostra Terra sia in mano ai piccoli, ai loro sogni e al loro modo di vedere le cose. Vale la pena seguire il cuore di bambino che di sicuro alberga in ognuno di noi e vedere la realtà ancora con gli occhi pieni di desideri e aspettative. Cosa certo non di facile attuazione visti i tempi che stiamo affrontando. Eppure questo romanzo, così delicato, sicuramente riesce a dare il suo contributo, per quanto piccolo possa essere.

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